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“Aumenta l’urbanizzazione, aumenta il pericolo. Ora serve l’aiuto di tutti”

PIACENZA (25 gennaio 2010) – “Le Bonifiche non possono più fronteggiare questa situazione da sole, c’è bisogno dell’intervento coordinato degli enti che operano sul territorio”. Il monito giunge da Emilio Bertolini, presidente dell’Unione regionale delle bonifiche dell’Emilia Romagna (Urber), e da Fausto Zermani presidente del Consorzio di bonifica di Piacenza, i quali esprimono la loro preoccupazione per la situazione che si è venuta a creare.

“L’uso del suolo – spiega Emilio Bertolini - ha fatto si che l’Emilia Romagna sia una regione a forte rischio idraulico”. Infatti per spiegare questa situazione bisogna tenere in considerazione che la pianura è un territorio artificiale, ovvero se non fosse intervenuto l’uomo a strappare le terre dall’acqua, oggi sarebbe una zona acquitrinosa e inutilizzabile. Ricordiamo che il 21% del territorio della regione è sotto il livello dei corsi d’acqua. Inoltre, il territorio appare in questo modo perché esiste un equilibrio tra la terra e l’acqua che le bonifiche regionali stanno cercando di mantenere attraverso 18.500 chilometri di canali, che conducono l’acqua verso il mare, e alle infrastrutture idrovore in grado di far fuoriuscire dal territorio 800 metri cubi di acqua al secondo (come l’intera portata del Po).

Il presidente del Consorzio di bonifica di Piacenza Fausto Zermani, spiega come negli ultimi 30 anni  nell’area montana e, soprattutto, nel crinale abbiamo assistito a un forte avanzamento della rinaturalizzazione dovuta all’abbandono delle attività agricole e allo spopolamento, elementi che hanno influito negativamente sulla sicurezza idrica anche della pianura; l’acqua dalla montagna defluisce in pianura e in particolare arriva nella zona più critica, quella della via Emilia.

 La via Emilia è il punto in cui il deflusso naturale incontra i canali artificiali della bonifica. Inoltre è anche la zona più densamente urbanizzata, per cui il suolo si è impermeabilizzato rendendo la sicurezza idraulica dell’intero territorio regionale più precaria. Sono due criticità che stanno facendo saltare l’equilibrio idraulico.

In tale ambito i Consorzi di bonifica, in questi 30 anni, hanno sempre cercato di adeguare i sistemi di rete e gli impianti alle nuove criticità, ma ormai la situazione è arrivata quasi a un punto di non ritorno. Per questo abbiamo bisogno di interventi e politiche più generali da parte di tutti gli enti che operano sul territorio. Per quanto attiene al comprensorio del Consorzio di bonifica di Piacenza, ovvero tutto il territorio provinciale – spiega Zermani - il dissesto idrogeologico si sta intensificando, sempre con maggiore frequenza e con gravi conseguenze e, pertanto, è necessario potenziare le opere di bonifica presenti sul territorio.

Infatti – continua Zermani – in montagna va ripreso con intensità e costanza il lavoro di manutenzione del territorio. Un progetto del genere, però, richiede disponibilità economiche e concertazione di intervento di tutti i soggetti.

In pianura invece occorre gestire il territorio con un bacino di scolo unico, che non si fermi alla realtà amministrativa del comune. Poi si deve intervenire attraverso uno studio collegiale del territorio portato avanti tra tutti i soggetti che hanno responsabilità su quell’area (Comune, Provincia, ma anche Enìa per esempio).

Infine, conclude il presidente Fausto Zermani (come ha sottolineato in una nota anche Legambiente nelle scorse settimane), continuando a utilizzare il territorio puntando sull’urbanizzazione e diminuendo l’attività agricola, si riduce la capacità del terreno di assorbire l’acqua, causando disastri idrogeologici, oltre a diminuire la biodiversità.

 

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Esempio di intensa urbanizzazione anche nel piacentino, con gravi conseguenze

 

 

 

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